Valeria Laudi | scrittrice | romanzi | manuali | cibo | teatro |

I cammelli della Befana

Ebbene sì. Anche quest’anno è già arrivata l’Epifania, che, come dice il proverbio, “tutte le feste si porta via“. Quasi sempre, perché per fortuna, cadendo di sabato, questa volta possiamo sfruttare un graditissimo passaggio in scia sulla stella cometa, per prolungare le festività fino a domenica 7 gennaio.

Se per Natale gli interpreti principali sono Gesù Bambino e Babbo Natale, anche se le cose sono cambiate da parecchio tempo a questa parte, e i regali sono diventati ormai soltanto un affare di Babbo Natale con le sue renne, e non più di Gesù Bambino con l’asinello, come avveniva nel secolo scorso, nel caso dell’Epifania, il proscenio se lo dividono in condominio la Befana e i Re Magi. Di evidente origine pagana la vecchietta bruttarella, che gira volando di notte a cavalcioni di una scopa, di tradizione cristiana gli altri tre personaggi regali, che incedono lentamente tra le dune del deserto a dorso di cammello. Riconoscibile quest’ultimo perché di gobbe ne ha due, da non confondere quindi con il dromedario, che invece ne possiede una sola.

Quando ancora si usava fare il presepe, i tre Re Magi e i rispettivi cammelli partivano da lontano, avvicinandosi giorno dopo giorno con tutta calma alla scena della natività. C’era chi li collocava in corridoio a fare anticamera e chi li parcheggiava nel salotto buono alla Gozzano. Avete presente quello che veniva aperto soltanto quando arrivavano a far visita i parenti, a cui con assoluta nonchalance si facevano mettere le pattine ai piedi? E poi li vedevi scivolare come pattinatori alle prime armi, sul pavimento sdrucciolevole, dove era stata appena data una generosa mano di cera. C’era anche chi invece li teneva fino all’ultimo nello scatolone delle statuine.

A proposito, ma che bello era il presepe? Il mio era grandissimo, o almeno tale appariva ai miei occhi di bimba. Pensandoci a distanza di anni, mi sembra persino di sentire l’inconfondibile odore del muschio riscaldato dalle lucine colorate. Ci passavo le ore, incantata, a guardarlo. Mi ricordo ancora i vari soggetti che lo animavano. La guardiana delle oche con tanti piccoli pennuti bianchi dal becco giallo, che regolarmente non rimanevano mai in piedi, il mugnaio con il sacco di farina ritto accanto al mulino con le pale, che mi divertivo a far girare, una donna con un’anfora sulle spalle vicino a un pozzo dove era andata a prendere l’acqua, il giovane pastorello con un gregge di pecore dal vello di vera lana, gli zampognari con le ciòcie, la lavanderina che sciacquava i panni nell’acqua di un fiumiciattolo vicino a un piccolo ponticello in legno, e infine, loro, i tre Re Magi con i cammelli ricoperti di pelo.

Perdonatemi la digressione sentimentale, ma amo a tal punto il Natale, da aver scritto un intero romanzo, in cui si respira tutta la sua magia (n.d.r. Natale in Alsazia).

Torniamo quindi all’occupazione dei Magi e della Befana. La Befana riempiva le calze appese al camino con dolciumi vari, caramelle, lecca-lecca, finte monete in oro zecchino di cioccolato, veri soldini, meglio se di carta, durissimo carbone di zucchero spaccadenti per i bimbi buoni (che poi per punizione per essere stati buoni andavano dal dentista) e vero carbone per chi era stato cattivo. I sovrani orientali, che forse non erano neppure re, bensì saggi-astrologi, invece omaggiavano con i loro doni il bambinello, ma non portavano un fico secco a nessun altro fanciullo, in nessun luogo d’Italia, se non a Varese e provincia, dove si perde nella notte dei tempi l’origine della curiosa tradizione di donare e mangiare golosi e fragranti cammelli di pasta sfoglia, proprio per il giorno dell’Epifania.

A tutt’oggi, il cammello di pasta sfoglia è un dolce tipico, che si prepara per l’Epifania soltanto nel varesotto, dove si trova un po’ ovunque, dalle pasticcerie alle panetterie, ma persino nei supermercati, anche se mi assicura una mia amica di Como, che l’usanza si è ormai estesa pure nel loro capoluogo e zone limitrofe, rimanendo però ancora sconosciuta al resto dello stivale. Vista la bontà e l’originalità, non si sa poi per quale ragione non abbia mai varcato i confini locali, raggiungendo, non dico l’intero lombardo-veneto, ma quanto meno tutto il Ducato di Milano.

Comunque, essendo i Re Magi tre, a casa mia, quando ero piccola (ma anche crescendo le cose non sono affatto cambiate), pure i cammelli dovevano per forza essere tre. Lo dico sempre io, che ci vuole logica e coerenza nelle cose. A me piaceva che fossero in scala, effetto matrioska, dal piccolo al grande, passando ovviamente per il medio. Praticamente si andava avanti a mangiare ipercalorica sfoglia per una settimana o giù di lì, un po’ come accadeva per gli affettati del giorno di Natale e lo zampone con le lenticchie di Capodanno, preparati sempre in quantità industriali, mica che poi non ne abbiamo abbastanza.

I cammelli dovevano essere rigorosamente di pasta sfoglia. Per sbaglio è capitato che un anno li avevano finiti in anticipo in tutte le pasticcerie cittadine e dei paesi vicini. E così i miei genitori mi hanno comprato un grosso cammello di pasta frolla. Narrano le leggende metropolitane, che pare io non l’abbia presa per il verso giusto, tenendo il broncio fino al giorno del mio compleanno. Anche perché il problema con i cammelli di sfoglia, ora come allora, è che sono una rarità come il tartufo bianco in stagione, li producono in edizione limitata, e fino all’anno dopo non se ne parla più.

Che bei tempi, di gioia, semplicità e spensieratezza. Ci bastava davvero poco per essere felici, ma felici per davvero.

Da quando mi sono trasferita a Milano, non riuscendo a trovarli da nessuna parte, i cammelli ho iniziato ad auto-produrli, acquistando la pasta sfoglia già pronta al supermercato, e realizzando uno stampo artigianale homemade, visto che in commercio si fa fatica a reperirlo. Non sono proprio la stessa cosa dei cammelli da pasticceria, ma in fondo ciò che conta è sempre il pensiero. O no?

Se volete provare anche voi il dolce tipico dell’Epifania della mia terra di origine, ecco la mia ricetta facilitata. Se poi siete bravini in cucina, potete fare direttamente anche la pasta sfoglia, e volendo lanciarvi in una variante più ricca, farcita con goduriosa crema chantilly e delicate fragoline di bosco.

 

 

Cammelli di pasta sfoglia
Ricetta per tre cammelli grandi all’incirca 10/12 cm

Ingredienti
Pasta sfoglia per dolci già pronta 2 confezioni
Uovo 1
Zucchero a velo q.b.

Procedimento per la preparazione dello stampo
Stampate questa sagoma su un cartoncino. Poi ritagliatela e ricopritela con la carta stagnola, facendola aderire bene ai bordi.

Procedimento per la realizzazione e la cottura dei cammelli
Stendete la pasta sfoglia e ripiegatela in due, o meglio ancora, in tre strati, altrimenti i cammelli vengono troppo bassi.
Appoggiate sopra la sfoglia la sagoma di cartone e con un coltello affilato seguitene il contorno.
Staccate il cammello dalla pasta, spennellatelo con l’uovo sbattuto e infornate per 15/20 minuti circa a 200°C. Se il forno è ventilato fa prima, quindi state attenti alla cottura.
Quando la pasta è già cresciuta, ma non si è ancora dorata, cospargetela di zucchero a velo e rimettete in forno per altri 15/20 minuti circa a 200°C.
Per evitare di bruciarli, controllate spesso lo stato di cottura.
Volendo, con la pasta avanzata potete fare la stella cometa oppure delle bellissime stelline. Essendo più piccole sarà sufficienti doppiare la pasta sfoglia.

Buona Befana a tutti!